06 Febbraio 2001
 
 
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Hack! Qui si sgombera
Centro sociale Auro Qui la prossima estate si sarebbe dovuto tenere l'"Hackmeeting 2001", ma il Comune non sembra granché interessato. Storia di un laboratorio molto avanzato. E aperto ARTURO DI CORINTO

Il centro sociale Auro di Catania, candidato ad ospitare l'Hackmeeting 2001 - www.hackmeeting.org - è minacciato di sgombero dalla giunta comunale. Chissà se il sindaco Scapagnini - con delega all'"Agenzia per i Giovani" e compagno di partito di uno che sui manifesti elettorali dice di voler promuovere l'uso di internet per le nuove generazioni - si è accorto che proprio all'Auro i giovani della sua città imparano a usare il computer.

Il centro autogestito - che tenne a battesimo la riapertura della rivista antimafia I Siciliani e che conserva l'unica collezione completa di cronaca cittadina dalla fine del fascismo agli anni '70 - è promotore di numerose iniziative interculturali, attività ricreative per bambini, laboratori video e musicali, e da pochi anni ospita anche il FreakNet MediaLab, impegnato, tra l'altro, a realizzare un'emeroteca virtuale per conservare quel patrimonio di storia locale.
La prospettiva che il Medialab, promotore del futuro hackmeeting, possa essere buttato fuori dall'Auro ha messo in agitazione gli attivisti che sulla lista [email protected] lo stanno preparando. E non solo perché mette in forse la kermesse catanese della prossima estate ma proprio perché mette a rischio la prosecuzione di tutte le attività che lì vengono svolte, nella migliore tradizione degli hacker nostrani.
Il Medialab del centro sociale, infatti, non è solo un luogo di sperimentazione di tecnologie a basso costo, dove il riuso dei computer dismessi è la norma. Ma è anche uno degli hacklab che concretamente pratica il diritto all'informazione per tutti - fornisce servizi di e-mail e surfing gratuito, a catanesi e immigrati - ed ha attivato, caso unico in Italia, programmi di navigazione e videoscrittura in lingua araba.

Nato dall'esperienza della rete di Bbs amatoriali FreakNet, nel laboratorio autogestito di informatica gli attivisti del centro sociale tengono corsi di formazione all'uso dei computer e si dedicano alla diffusione dell'uso di software libero come Linux, con l'intenzione di rimediare all'errata convinzione che esso sia di difficile uso e quindi inadatto ai principianti.
Nei mesi passati i loro corsi hanno visto la partecipazione di giovani e meno giovani che lì hanno appreso che sistemi operativi come Unix/Linux sono molto più stabili del famigerato Windows; hanno interfacce grafiche piacevoli e intuitive e possono usare software "open source" per scrivere, fare calcoli, disegnare e navigare su internet. Soprattutto hanno scoperto che Linux è assai più affidabile e meno costoso dei sistemi operativi commerciali e su questo hanno avviato una campagna per l'obiezione di coscienza all'uso dei sistemi proprietari, recapitandola al rettore dell'università di Catania.
Nella loro lettera hanno chiesto di non sprecare i soldi degli studenti in spese inutili "visto che una buona fetta delle loro tasse finiranno nell'acquisto di hardware non necessario e di software scadente che dovrà presto essere aggiornato". L'adozione di Linux, dicono, che gira finanche su vecchi "386", rivalorizzerebbe l'attuale parco calcolatori dell'Ateneo rallentando la folle corsa all'aggiornamento dell'hardware e al peggioramento dei servizi informatici.
Questa tesi la motivano spiegando che l'aggiornamento dei sistemi operativi di tipo proprietario, come Microsoft Windows, e applicativi come Microsoft Office, implica spese onerose per l'acquisto di ciascuna licenza d'uso. Non solo. La complessità non necessaria dei suoi programmi richiede sempre maggiore potenza di calcolo che, in un circolo vizioso, obbliga all'acquisto di processori più potenti e periferiche specifiche che poi, guarda caso, sono commercializzati dalle case che hanno accordi commerciali con la Microsoft.
Ma quello economico non è il solo motivo. Il software libero e "open source" permette, al contrario dei "software chiusi" come quelli di Microsoft, di studiarne l'ingegneria interna, necessaria alla formazione degli studenti, che invece diventano "pirati informatici" se provano a farlo con il software proprietario a causa di una legislazione che criminalizza lo studente che lo "apre" per vedere come è fatto o ne produce una copia per studiarlo a casa come da programma didattico.
Gli studenti universitari del Freaknet Medialab vanno oltre e auspicano che l'università aderisca allo spirito del progetto Linux, il cui sviluppo è il frutto della passione di decine di migliaia di programmatori che, grazie a internet, condividono il loro lavoro in maniera cooperativa, agendo di fatto come un laboratorio di ricerca distribuita.
Il corollario delle loro tesi è che se la ricerca condotta dalle multinazionali del software che mirano solo al profitto e al consolidamento delle posizioni di mercato va a scapito della qualità dei prodotti e favorisce l'omologazione della creatività informatica, diversa dovrebbe essere la missione dell'università. Questa dovrebbe formare coscienze critiche e non consumatori stupidi. O no? E dovrebbe garantire l'accesso agli strumenti della formazione a tutti. O no?
Insomma, due esempi per dimostrare che i sostenitori della libera circolazione dei saperi non si limitano a rivendicarla a parole e, non rassegnati a perdere il proprio avamposto di cultura critica a Catania hanno già avviato una raccolta di firme in città e sulla rete per sostenere le proprie ragioni: www.freaknet.org.

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