Occupazione e sgombero
Catania, la polizia irrompe nel liceo Boggio Lera: 50 denunce
PATRIZIA ABBATE -
CATANIA
"Venite, venite. Stanno sfondando il portone!", dice
qualcuno concitato al telefono. Venti minuti dopo il portone del
liceo scientifico Boggio Lera è ben aperto, ma l'accesso è
sbarrato dai poliziotti: "Qui non si entra". Fuori c'è un
gruppetto di ragazzi, ciascuno con un foglietto bianco in mano.
Lo mostrano al cronista: è una denuncia. Dentro l'istituto ci
sono ancora molti dei loro compagni, alcuni aspettano i genitori
perché non hanno con sé i documenti di identità.
L'intervento della Digos e la cinquantina di "notifiche" ad
altrettanti ragazzi (per lo più minorenni, alcuni appena
quattordicenni) mette fine alla prima occupazione a Catania, una
delle poche che si ricordano in città negli ultimi dieci anni, se
si esclude un "tentativo" nel '97, finito anch'esso con lo
sgombero e le denunce, con le stesse accuse: occupazione abusiva
di edificio e interruzione di servizio pubblico. Un intervento
"sollecitato dal magistrato, noi non c'entriamo", tiene a dire il
dirigente della Digos etnea, seguito dal preside che arriva
trafelato e si rammarica dell'accoglienza a suon di fischi. "Io
ho solo comunicato l'occupazione nel momento in cui è scattata,
com'era mio dovere. Ma non è vero che ho sollecitato lo
sgombero...", dice, ma quasi nessuno gli crede. Anche se il
magistrato, Enzo Serpotta, è notissimo per altri ordini di
sgombero: quelli, ripetuti, contro il centro sociale "Auro". E in
genere, è vero, ha bisogno di poche sollecitazioni per agire.
Intanto, mentre defluiscono gli occupanti e la folla di giovani
cresce sul marciapiedi, un poliziotto imperterrito continua a
riprendere tutto con una piccola telecamera, supportato da un
collega che invece usa solo macchina fotografica e flash. "Cosa
ve ne fate di queste riprese? Perché continuate?", azzarda
qualcuno. "Voi fate il vostro lavoro, noi facciamo il nostro.
Sennò poi finisce come a Genova, che ognuno può dire che abbiamo
fatto chissacchè...". Sarebbe una sorta di "autotutela", insomma,
per la polizia. I ragazzi non la pensano così; urlano,
sbeffeggiano gli agenti e qualcuno tira fuori una macchinetta e
comincia a fotografare chi fotografa; quasi un gioco, se non
fosse tutto maledettamente serio.
"Ti devo raccontare com'è andata: noi non volevamo aprire,
abbiamo cercato di resistere ma loro hanno usato i bastoni, hanno
sfondato e fatto un macello: guarda quei banchi per terra
nell'atrio...". Eva è tra le più arrabbiate, e spicca al buio con
la grande fascia verde smeraldo tra i capelli color carota. "Devi
scriverlo che sono arrivati come una furia...". Però non hanno
fatto nulla, questo si deve aggiungere: i ragazzi si sono
"arresi" subito; troppo fresco - spiegano - il ricordo di Genova
e della Diaz. Avevano tentato in tutti i modi di difendere la
"loro occupazione": nei giorni scorsi entrare al Boggio Lera per
un estraneo era praticamente impossibile, con un servizio
d'ordine ridigissimo all'ingresso. E tutti compatti: tra i
denunciati ci sono anche aderenti ad Azione Giovani, perché
"questa protesta è al di sopra delle parti: qui si parla di
scuola pubblica a repentaglio...", spiegano. Raccontando di come
il primo tentativo di sgombero sia giunto già la prima sera
d'occupazione, venerdì, "i poliziotti li avevano chiamati i
vicini: si erano spaventati perché avevamo la kefiah e pensavano
fossimo terroristi islamici...", dice Simone e gli scappa da
ridere. A Catania la protesta contro la riforma Moratti sta
dilagando comunque, anche se in forme più soft: molti istituti
hanno scelto la strada dell'autogestione, i sit-in e le assemblee
si moltiplicano. Lo stesso sta succedendo in provincia. E al
"Gulli Pennisi" di Acireale spetta il primato della repressione:
l'occupazione è durata solo undici ore.
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